28/06/20

PREMIO BARBIERI 2020 / 1 I RAGAZZI DELLA CROCE ROSSA

INIZIAMO OGGI A RACCONTARE LE STORIE DEI RAGAZZI CHE HANNO MERITATO IL RICONOSCIMENTO DEL PREMIO BARBIERI PER L'IMPEGNO DURANTE LA FASE PIU' CRITICA DEL COVID-19. MARTEDI 30 GIUGNO, ORE 11,  SARANNO PREMIATI PRESSO IL GIARDINO DI VIA 11 FEBBRAIO.

Elisa Pini, Giulia Rebecchi, Nicole Baronio, Alessandro Nolli. Sono i quattro giovani segnalati dalla Croce Rossa provinciale per il premio alla memoria di Attilio Barbieri, per l'impegno mostrato durante la prima fase dell'emergenza Covid, quella in cui solo le sirene delle ambulanze rompevano il silenzio irreale delle strade di Cremona e provincia. Su molte di quelle corse dalle case all'ospedale e viceversa, o a coordinare i lavori in centrale operativa, c'erano loro, ragazzi con diversa esperienza, tuttiu ugualmente mossi dal desiderio di sentirsi utili.

La veterana del gruppo è Elisa, 23 anni. Studia Medicina, è già capo equipaggio per il 118, quindi gestisce anche le emergenze, e il volontariato alla Cri è questione di famiglia. "Mia mamma è volontaria, per me è stato un passaggio naturale iniziare questo percorso, 5 anni fa. Il periodo del Covid è stato diverso da tutti gli altri. Abbiamo effettuato trasporti negli ospedali di tutta la Regione e spesso non tornavamo nemmeno in sede per il cambio turno perchè dopo ogni servizio ce n'era subito un altro. In mezzo, bisognava sanificare l'ambulanza, cambiare la tuta e tutti i dispositivi, che tra l'altro ci rendevano irriconoscibili agli occhi dei pazienti. Questo fatto ha creato problemi nel relazionarci con loro, l'unico contatto era con gli occhi, ma anche questo difficoltoso. Questa per me è stata una cosa pesante da sopportare". Turni che nella normalità sono di 6 ore, per molti giorni sono diventati di 12 ore. Una giornata di riposo e poi via di nuovo.
"Un giorno- racconta - ci siamo recati a prelevare un anziano, ci aveva chiamato il figlio che viveva nello stesso condominio ma al piano superiore e non poteva entrare nell'appartamento del padre per via dell'isolamento. Allora siamo andati noi a cercare gli indumenti del cambio e attraversando l'appartamento ho visto in un'altra stanza una bara. Era la moglie, morta poco prima. Sono rimasta senza parole: noi, persone per lui anonime e senza volto, nascosto dalle visiere, lo stavamo portando via da una persona cara ... Sono rimasta molto turbata. Non so come sia andata a finire, non ho mai cercato di saperlo per nessuno dei malati che ho assistito".
Nelle pause del servizio Elisa, come gli altri volontari si è dedicata allo studio. Ride per alleviare la tensione quando le chiediamo quale esame sta preparando: "Chirurgia e Semiotica medica, adesso comincia il bello!".

"Ma un esame può aspettare, non sono pentita di aver rinunciato a qualche ora di studio", incalza Nicole. Lei ha 21 anni, studia Infermieristica a Crema, è in Croce Rossa dal 2019, dove ha iniziato il servizio civile decidendo poi di frequentare il corso per poter effettuare il trasporto sanitario. Negli ultimi mesi si è sobbarcata anche turni di 10 ore: "All'inizio eravamo tutti un po' confusi, tra tute, maschere, visiere, guanti, tutte cose che rendono meno naturali i movimenti e ci rendono irriconoscibili ai pazienti, tanto che a volte non riuscivano a capire se eravamo maschi o femmine! Devo dire che non ho mai avuto paura, eravamo ben protetti e abbiamo seguito i protocolli di sicurezza. Forse adesso ho più paura di prima. In quelle settimane di emergenza mi è pesato non poter parlare normalmente con i pazienti".
I giovani sono stati una risorsa importante per la Croce Rossa, in un periodo in cui agli operatori ultra65enni era stato consigliato di non svolgere servizio o hanno preferito non esporre se stessi e i famigliari al contagio. Al contagio è andata vicinissima Giulia, che fortunatamente l'ha scampata, ma per un soffio, per una di quelle casualità a cui ci ha abituato questo virus che attacca in maniera tanto diversa un organismo da un altro. "Non si sapeva ancora niente del Covid, era il 20 febbraio", introduce la vicenda Loredana Uberti, presidente del comitato locale della CRI. "L'equipaggio è stato indirizzato all'abitazione di una paziente che stava male e doveva essere trasportata in ospedale. Qualche giorno dopo, la figlia ci ha informato che la mamma era deceduta ed era risultata positiva al Covid. I nostri due soccorritori erano quindi stati esposti al virus senza che nessuno potesse averne la consapevolezza. E' subito scattata la quarantena: Giulia non ha avuto conseguenze, ma l'altro membro dell'equipaggio sì. E' ancora in ospedale". 24 anni, volontaria dal 2018, studentessa di Biotecnologie, Giulia non ha aspettato un attimo, terminata la quarantena, per ripresentarsi in servizio. "A casa sì, erano un po' preoccupati ma non ho avuto dubbi. Ricordo in quelle settimane i trasporti dall'ospedale alle cliniche, erano pazienti rimasti in isolamento per tanto tempo e non sapevano nulla della situazione fuori dall'ospedale, il primo contatto con il mondo esterno eravamo noi. Speravano di tornare a casa e invece dovevano proseguire le cure, non era piacevole per loro. Ricordo anche un trasporto notturno, durante la settimana di reperibilità, di una persona non Covid che doveva essere operata al femore: lo abbiamo portato al Galeazzi di Milano, era preoccupato per questo trasferimento, d'altra parte l'ospedale di Cremona era tutto impegnato per il Covid".
Parlare, spesso consolare e rassicurare malati e loro famigliari mentre fuori imperversava il virus. Lo hanno fatto anche telefonicamente, i giovani della Croce Rossa, attraverso il servizio di telesoccorso, ormai ribattezzato 'telesupporto', visto che molte telefonate sono per alleviare la tensione psicologica di chi vive solo. E' toccato anche ad Alessandro, il più giovane dei quattro volontari CRI, ultimo arrivato e subito catapultato nella bufera, per quanto non sull'ambulanza, ma nella centrale operativa. "Ho cominciato il corso a settembre e l'ho finito a novembre - racconta - avrei voluto continuare ma non c'è stato tempo, perchè è iniziata l'emergenza". Così, il suo tirocinio è entrato subito nel vivo: un compito delicato e non semplice ricevere le telefonate, capire se l'ambulanza appena inviata in un posto poteva poi essere ad un certo orario in un altro, calmare persone che si innervosivano. "Ricordo anche momenti molto toccanti, come quando ho dovuto dire che proprio non avevamo nessuno a disposizione a una signora che mi stava elencando tutte le sue patologie. Purtroppo le ho dovuto dare i numeri di telefono delle altre associazioni, in quel momento ho sentito i miei limiti. Io comunque avrei preferito rendermi utile sulle ambulanze". "La centrale operativa è il cuore di tutto il sistema", precisa Uberti, "un compito importantissimo, quello svolto da Alessandro". 19 anni, finita la maturità aveva appena iniziato a frequentare i corsi di Aeronautica Civile a Nembro, il suo sogno è pilotare aerei. "Perchè sono entrato alla Croce Rossa?", ci spiega. "Un giorno ho causato un incidente mentre guidavo e una persona in bicicletta era rimasta a terra. E' arrivata l'ambulanza, io ero praticamente sotto shock. Quei soccorritori oltre ad aver assistito la signora, mi hanno detto parole che sono riuscite a farmi sentire meglio. E' lì che ho capito che fare star meglio gli altri è quello che voglio fare anch'io".

Il volontariato nell'era del Covid per questi ragazzi è stato un modo per aiutare gli altri ma anche se stessi: "Aver finito il tirocinio a cavallo del Covid mi ha fatto prendere subito il ritmo", dice Alessandro; "tutto questo mi ha aiutato a prendere decisioni e assumermi delle responsabilità", aggiunge Nicole. E soprattutto ha fatto nascere nuovi e più stretti legami tra loro, li ha fatti diventare una famiglia, in quei terribili due mesi, tra fine febbraio e fine aprile, in cui la loro casa è stata lì in via Persico.